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Marco Michelini | 23 Dicembre 2020

Linea Biografica

 

Di illustre e potente famiglia fiorentina, Filippo Sassetti nacque a Firenze nel 1540 da Giambattista e da Maddalena de’ Gondi, quando la fortuna della casa era ormai tramontata in un gravissimo tracollo economico, che trascinò un membro della famiglia in prigione per debiti e costrinse i Sassetti a mettere in vendita le ultime proprietà. Dopo il 1552 Filippo, data la situazione familiare, dovette interrompere gli studi e, per volontà paterna, venne avviato alla pratica del commercio presso un’impresa commerciale di Firenze. Nel 1568, vincendo le resistenze familiari, si iscrisse ai corsi di filosofia dell’università di Pisa, riorganizzata da Cosimo I nel quadro della politica di egemonizzazione culturale messa in opera dal restaurato potere mediceo, dove gli studi, soprattutto quelli filosofici, ristagnavano in un ambiente accademico conserva­tore e conformista, legato a una tradizione platonico‑aristotelica ormai esausta. Stimoli e insegnamenti più vivi e fecondi vennero al Sassetti dalla frequentazione, fra Pisa e Firenze, di uomini come il filologo Pier Vettori[1], il filosofo Francesco Bonamici[2], nella casa pisana del quale abita, il poeta Giovan Battista Strozzi[3], il giureconsulto Baccio Valori[4], il botanico Andrea Cesalpino[5] che lo avvia allo studio delle scienze naturali, il letterato Bernardo Davanzati[6] e altri che formavano l’elite intellettuale della Toscana di Francesco I, succeduto al padre Cosimo, dopo un decennio di reggenza, nel 1574.

In questo ambiente avvenne la formazione di Sassetti che, pur continuando a frequentare i corsi dell’Università di Pisa, iniziò la carriera letteraria, di cui segue l’iter consueto leggendo nel 1573 all’Accademia fiorentina una Lezione sulle imprese, ricca di dottrina ed erudizione, cui fa seguire un Discorso in difesa di Dante, com­posto in polemica con un Ridolfo Castravilla[7], che aveva composto, a partire dal 1570, un Discorso di M. Ridolfo Castravilla nel quale si mostra limperfettione della Commediadi Dante contro al Dialogo delle linguedel Varchi.

Nel 1575 Sassetti entrò a fare parte dell’Accademia degli Alterati e nello stesso anno recensisce le Annotazioni alla Poetica di Aristotele di Alessandro Piccolomini e inizia un proprio commento alla stessa Poetica. La situazione economica della famiglia si era intanto nuovamente aggravata e Sassetti, abbandonata l’università di Pisa, nel 1577 decise di riprendere l’attività commerciale dopo aver fatto dono delle sue modeste sostanze al dissestato fratello. Sono di questi anni un Discorso sopra l’Ariosto, la Vita di Francesco Ferrucci e il Discorso sul commercio fra i Toscani e i Levantini.

Con l’incarico di sovrintendente alle dipendenze della casa commerciale dei Capponi, mercanti fiorentini, Sassetti lasciò Firenze all’inizio del 1578 diretto a Madrid dove giunse nell’aprile per trasferirsi a Siviglia e infine a Lisbona dove fissò la sua residenza. In seguito al ritiro dei Capponi dal commercio nella penisola iberica, Sassetti, in difficoltà economiche, tentò, secondo un progetto da tempo coltivato, di trovare miglior fortuna con il commercio in India. Stipulò, dopo lunghe trattative, un accordo con il mercante portoghese Giovan Battista Rovellasco, che gli affidò l’incarico di sovrintendente al commercio del pepe sulla costa del Malabar. Nell’aprile del 1582 Sassetti salpò da Lisbona andando incontro a un viaggio fortunoso di cinque mesi che si concluse con il ritorno a Lisbona. L’anno successivo ripartì da Lisbona e questa volta giunse a destinazione sbarcando nel novembre del 1583 a Cochin sulla costa del Malabar. Fissata la residenza in questa città, fece frequenti viaggi a Goa e a Calicut. Nel 1587 inviò a Baccio Valori il Discorso sopra il Cinnamomo, testimonianza assai viva del suo interesse per le scienze naturali. Progettò intanto di fare ritorno a Firenze passando per le Indie Occidentali, ma la morte lo colse a Goa nel 1588.

 

Le Lettere

 

Le numerose opere elaborate dal Sassetti durante la sua attività di accademico, delle quali abbiamo poc’anzi fatto menzione, non hanno grande rilevanza letteraria. I suoi scritti più interessanti, più significativi e più noti sono le numerose Lettere, che egli scrisse in Italia, dalla Spagna, dal Portogallo e dall’India ad amici, familiari e allo stesso Francesco I. Sconosciute per oltre un secolo dalla morte del loro autore, vennero alla luce per la prima volta, ma solo in parte, nel 1743; seguirono altre edizioni, sempre parziali, fino all’ultima (Lettere da vari paesi. 1570-1588, a cura Vanni Bramanti, Milano, 1970), che ha il merito di avere recuperato, con nuove ed accurate ricerche d’archivio, non solo alcuni codici inediti, ma anche gli apografi di diverse lettere già note o gli autografi di altre sino ad allora conosciute solo in copia.

Le lettere giovanili scritte in Italia trattano prevalentemente argomenti accademici e letterari, mentre le lettere dalla penisola iberica e dall’India sono dedicate ai temi di viaggio e costituiscono la parte più viva e letterariamente riuscita dell’epistolario. Nelle Lettere è assente quella misura rigorosamente mercantile che carat­terizzerà invece le pagine di Francesco Carletti di lì a qualche decennio; calato nel suo abito di letterato umanista Sassetti mantiene inalterata, a contatto con le nuove esperienze e realtà, la sua ma­trice di membro dell’élite colta fiorentina.

La realtà esotica e colorita stimola l’interesse e la curiosità di Sassetti che, acuto osservatore, animato da un vivissimo gusto naturalistico, abbandona l’accademismo delle esperienze letterarie giovanili e descrive, con vivace immediatezza, spesso con estro e con una certa libertà fantastica, gli uomini, gli animali, le piante, i costumi, i riti, sostanziando il discorso con notazioni riguardanti geografia, antropologia, etnografia, la lingua sanscrita[8], ecc. La prospettiva tuttavia nella quale tali realtà sono collocate si mantiene rigorosamente “fiorentina”, l’intera esperienza di viaggio risulta minimizzata, ridotta a una misura domestica, privata e discorsiva, cui fa riscontro il senso di sicurezza e di superiorità proprio di chi è consapevole di appartenere a una civiltà esemplare, portatrice di una cultura e di valori assoluti. Sassetti, soprattutto nelle lettere iberiche e indiane, si rivela scrittore efficacissimo, sempre teso a far aderire il discorso alla realtà per restituirla ricomposta in una dimensione visiva diretta, in cui la lingua parlata fiorentina si fa strumento di comunicazione immediata, d’intensa icasticità.

 

*** NOTE AL TESTO ***

 

[1] Piero Vettori (Firenze, 1499 – 1585) scrittore, filologo e umanista italiano, curò le edizioni di numerosi testi antichi e si occupò di svariate materie, dall’agricoltura alle scienze, dalla retorica alla filosofia morale. Il suo interesse principale rimase, per tutta la vita, lo studio dei testi antichi e specialmente dei testi greci. Avversario dei Medici, dopo la sconfitta dei repubblicani e l’instaurazione del ducato nel 1530 si ritirò a San Casciano Val di Pesa, dove scrisse il Trattato delle lodi et della coltivazione de gli ulivi, importante testo di prosa didascalica. Nel 1538 Cosimo I lo richiamò a Firenze e gli offrì la cattedra di greco e latino allo Studio fiorentino, dove insegnò fino al 1583. Suo capolavoro è l’edizione della Poetica di Aristotele.

[2] Francesco Bonamici (Firenze, 1533 – Orticaia, 1603) frequentò lo Studio di Firenze, dove seguì i corsi di greco con l’umanista Piero Vettori. Medico, professore di filosofia naturale, grecista e latinista, si ispirò molto agli antichi testi che commentava (Aristotele, Averroè, Nicomaco). Fu uno dei maestri di Galileo all’università di Pisa.

[3] Giovan Battista Strozzi, detto il Giovane (1551-1634), fu mecenate e gran signore della Firenze granducale, socio dell’Accademia fiorentina, e tra i fondatori di quella degli Alterati, che nacque e si spense con lui. Scrisse sonetti ed epistole, ma fu noto soprattutto per i suoi madrigali, veri esempi di leggiadria e musicalità.

[4] Baccio Valori, detto il Giovane (1535-1606),fu esiliato assieme ai familiatari poiché avevano cercato di opporsi alla presa di potere di Cosimo I de’ Medici. Rientrato in patria, recuperò i possedimenti familiari diventando senatore sotto Ferdinando I de’ Medici. Uomo colto e amante dell’arte, fu bibliotecario della Biblioteca Medicea Laurenziana e presidente dell’Accademia del Disegno.

[5] Andrea Cesalpino (Arezzo, 1524 o 1525 – Roma, 1603), botanico, medico e anatomista italiano, svolse i suoi studi all’Università di Pisa con i maestri Realdo Colombo e Luca Ghini, laureandosi nel 1551. A Pisa, nel 1555 succedette a Ghini nella direzione dell’Orto Botanico e come lettore di materia medica, mentre dal 1569 al 1592 coprì la cattedra di medicina. Compì le prime vere grandi scoperte sulla circolazione del sangue. Suo merito fondamentale è di aver definito che il cuore (e non il fegato) è il centro del movimento del sangue e il punto di partenza delle arterie e delle vene. Nel 1592 papa Clemente VIII lo chiamò a Roma, dove insegnò medicina allo Studio romano ed ebbe l’incarico di medico personale del papa. L’anno dopo diede la prova della “circolazione sanguigna”, dimostrando che esiste una corrente centripeta opposta rispetto a quello che, tramite l’aorta e i suoi rami, porta il sangue dal cuore alla periferia. Nell’ambito della Botanica, invece, studiò e sviluppò nuovi sistemi di classificazione delle piante.

[6] Bernardo Davanzati Bostichi (Firenze, 1529 – Firenze, 1606) economista, agronomo, erudito e storico, dopo un temporaneo soggiorno in Francia, visse sempre a Firenze, dove nel 1547 entrò a far parte dell’Accademia fiorentina, nella quale ricoprì importanti cariche. In seguito fu membro dell’Accademia degli Alterati e collaborò dal 1582 con l’Accademia della Crusca. L’attività commerciale e bancaria intrapresa gli consentì di investire i capitali guadagnati nell’acquisto di terre e palazzi. Tra le opere a carattere economico Davanzati scrisse il trattato la Notizia de’ cambi (1581), la Lezione delle monete (1588) e la Coltivazione delle viti e di alcuni arbori (1579), importante opera di agronomia. L’opera per la quale è maggiormente conosciuto è il volgarizzamento degli Annali di Publio Cornelio Tacito, opera iniziata nel 1580 e terminata nel 1596.

[7] Nulla si sa di tale personaggio. Sono state formulate varie ipotesi, talvolta azzardate, nel corso di quattro secoli dagli studiosi che si sono posti il problema dell’identificazione del personaggio che si sarebbe celato sotto questo presunto pseudonimo. Verosimilmente, invece, sia il cognome che il nome sono autentici.

[8] A tale proposito va detto che il Sassetti fu tra i primi europei a studiare il sanscrito, l’antica lingua indiana. Nel 1585, notò similitudini tra alcune parole sanscrite ed italiane, e queste sue osservazioni anticiparono la scoperta della famiglia linguistica indoeuropea.


La versione stampabile dell’articolo è scaricabile da qui: «APPUNTI DI LETTERATURA ITALIANA: IL CINQUECENTO»

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