Oggi su tutti i giornali (di una certa parte politica e non) c’è una altisonante diatriba sul “tortellino bolognese” (perché il tortellino nasce a Bologna, con buona pace degli amici modenesi).
Ora, lasciando perdere le infinite dispute tra modenesi e bolognesi circa la “cittadinanza” del tortellino, mi pongo una domanda riguardo alla disputa (cioè se il pollo si possa usare o no?), e la domanda è: cui prodest?
Nel senso che – essendo bolognese “purosangue” da qualche centinaio di anni (forse uno dei pochissimi viventi in Bologna) – so perfettamente che la massaia bolognese (nonna o mamma che sia) i tortellini in casa propria li fa come le pare: lombo di maiale o vitello, prosciutto, mortadella, parmigiano, uova, noce moscata. Le dosi? A piacere, cioè secondo il gusto della massaia. Conosco anche mamme (nonne nessuna) che al posto del lombo mettono – appunto – il petto di pollo. Ma il prosciutto e la mortadella restano!
Dunque, non mi frega un piffero se uno chef più o meno blasonato ha detto che si possono fare con il pollo o con il tofu (si fa per dire, ovviamente); non mi frega un piffero se un cardinale arcivescovo ha detto che i tortellini si dovrebbero fare con il ripieno di pollo; non mi frega un piffero se un politico di Scandiano dice che ci possono essere i “tortellini dell’accoglienza”: i tortellini buoni sono quelli che fa la nonna o la mamma (qualunque cosa usi al posto del lombo di maiale).
Qualunque cosa usi al posto del lombo di maiale: ecco il busillis. Perché, nei “tortellini dell’accoglienza” (visto che tutto questo dovrebbe essere un “ossequio” agli appartenenti alla religione islamica) cosa si dovrebbe mettere al posto della mortadella e del prosciutto? Cacca?! (l’ovvio riferimento è alla famosa canzone di Mina “Ma che bontà”).
Ecco quindi che i “tortellini dell’accoglienza”, eliminando tutto ciò che di maiale c’è nel tortellino, non sono più nulla, non esistono: sono solo una pasta fresca in brodo (di carne? Di cappone? Vegetale?) con ripieno di pollo tritato! Si ritorna quindi alla domanda di cui sopra: a chi giova parlarne? A chi interessa? A nessuno! Per cui lo chef più o meno blasonato, il cardinale, il politico scandianese e tutti gli altri che si sono spesi in difesa dei “tortellini dell’accoglienza” così come quelli che hanno levato le loro voci in favore dei tortellini “purosangue” avrebbero potuto impiegare meglio il loro tempo cercando… di salvare questo paese che (da un punto di vista strettamente economico) sta andando a passo di carica verso il precipizio, e che – molto presto – non avrà più soldi né per mangiare né per fare tortellini.
Qualcuno dirà: «è la solita tirata di orecchie ai politici; il solito “fascista” becero che non capisce la situazione tragica di quei poveracci che scappano dalla guerra». Ebbene, in un certo senso sì… anzi, no; perché vorrei ricordare a tutti (chef, religiosi, politici, o semplici stronzi come me) che si parla di tortellini, non di politica o di guerra, e che la ricetta del Tortellino Bolognese è regolarmente depositata[1]. Quindi tutto ciò che non si attiene alla ricetta potrete chiamarlo come vi pare (“tortellini dell’accoglienza”, islamini, schifini, ecc. ecc.) ma se vi azzarderete a venderli con il nome di Tortellino Bolognese incorrerete nelle previste sanzioni di legge. In casa vostra ovviamente, potete fare ciò che vi pare; parafrasando Guareschi: in cucina Dio vi vede, Stalin no!
Concludo dicendo che:
- Se a qualcuno dovessero piacere i “tortellini dell’accoglienza” insapori e inodori (la noce moscata è concessa nell’accoglienza?), farà benissimo a mangiarserli;
- Se qualcuno vuole essere accogliente, fa bene ad esserlo (ma in casa propria!);
- Se qualcuno, invece, vuole continuare a vivere come ha sempre vissuto (con il crocefisso sulla testa e mangiando carne di maiale), non solo fa bene a farlo, ma lo stato deve garantirglielo, perché sono quelli che vengono accolti che si devono adeguare, non il contrario. Provate un po’ ad entrare in una moschea senza togliervi le scarpe e vedrete cosa vi succede!
Il cardinale arcivescovo, inoltre, farebbe bene (come ho già detto in passato del suo “capo”) a ricordarsi di S. Agostino: si accoglie una persona per aiutarla e rimandarla alla propria casa, non per mantenerla a vita!
E ora concludo veramente: oltre al link della ricetta originale depositata, vi lascio anche la ricetta del ripieno dei tortellini (solo ed esclusivamente il ripieno) del mio defunto amico Spadoni, “chef” per decenni (guarda caso) alla Festa dell’Unità. Che anche i comunisti comincino a mangiare i tortellini di pollo… chissà? Cosa non si farebbe per tenere in piedi il partito?!
[1] il 24 ottobre 1965, davanti al notaio Gallerani l’imprenditore Giovanni Poggi ed un gruppo di amici buongustai – tra i quali l’allora direttore del Resto del Carlino, Giovanni Spadolini – depositarono l’atto costitutivo della Dotta Confraternita del Tortellino in difesa della bolognesità del manicaretto. Successivamente è stata depositata con atto notarile dalla Dotta Confraternita, in collaborazione con l’Accademia Italiana della Cucina, il 7 dicembre 1974 la ricetta autentica del ripieno assieme ai crismi di preparazione del brodo, rigorosamente di cappone ruspante, mentre il 15 aprile 2008 è stato depositato presso la Camera di Commercio di Bologna, assieme alla ricetta, l’intero corpus dei disciplinari di produzione e dell’insieme delle caratteristiche del vero Tortellino Bolognese.
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