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Marco Michelini | 20 Gennaio 2016

Avevo giurato a me stesso (ma anche a qualche amico) che non lo avrei più fatto, che non avrei più usato le “pagine” di questo sito per veicolare idee personali che poco hanno a che vedere con gli scopi per cui è nato. E, invece, sarà perché sono diventato un vecchio logorroico (avrei dovuto dire solo vecchio perché logorroico lo sono sempre stato), sarà perché – come dice mia madre – non posso fare a meno di rivoltarmi contro tutto ciò che considero una prevaricazione dei miei diritti o di quelli altrui, o più semplicemente perché vedo messi in pericolo gli ideali di bellezza e cultura che sono inscindibilmente legati alla nostra storia, ci ricasco (spergiuro!).

È probabile che a questo mio nuovo discorso sull’immigrazione e l’accoglienza, mi abbiano anche spinto i fatti accaduti la notte di capodanno a Colonia ed in altre due città tedesche, ma la realtà – non lo nascondo – è ben altra: ciò che mi ha profondamente irritato è che, durante l’udienza di inizio anno dei corpi diplomatici presso la Santa Sede, Francis ha rivolto all’Italia (in particolare) parole di ringraziamento per la massiccia opera di accoglienza verso gli immigrati. E non solo, perché – la notizia è di questi giorni – il buon Francis andrà pure (sulle orme dei suoi più diretti predecessori, nonché sue) in “pellegrinaggio” alla Moschea di Roma: suppongo che San Pio V ne sarà deliziato come già in passato.

Orbene, tutto questo dimostra una cosa (ammesso che ce ne fosse bisogno): caduti i muri, scioltesi come neve al sole le ideologie che hanno attraversato (e purtroppo governato) l’Europa del XX secolo, sbriciolatisi progressismo e riformismo, ormai morenti la globalizzazione e tutte le filosofie liberiste, resta sempre la certezza che l’imbecillità dei catto‑sinistrorsi continuerà a risplendere nei secoli dei secoli. Questo vale non solo per Francis, che vive sospeso tra terra e cielo in una bolla d’aria calda, fluttuante nelle scemenze delle proprie “prediche” a S. Marta, ma anche per tutti quegli altruisti di professione, quegli ottusi multiculturalisti, quelle cariatidi di una cultura d’accatto chiuse nella soffitta delle proprie idee, quei politici ignavi e scellerati che hanno avvallato le peggiori politiche buoniste del nostro paese, quei «moralisti a tassametro, / ai quali, con un bel gesto carino, / si può perfino toccare il culino, / ma non certo l’elocuzio o l’esametro»; insomma, per dirla in breve, tutte quelle vecchie volpi e giovani leccaculi che affollano, come mosche su uno sterco, le sale della Leopolda.

Per aprire gli occhi a tutti costoro, non sono bastati l’attentato alla metropolitana di Londra, l’assassinio di Theo VanGogh, la decapitazione di un soldato inglese alla periferia di Londra, le due stragi compiute in Francia e i fatti sanguinosi di Bruxelles (e di certo qualcosa ho dimenticato, ma la lista dall’11 settembre in poi sarebbe davvero troppo lunga): nossignore! Questi seguitano a vivere nel mondo di Campanellino e della Fata Turchina, parlando e sproloquiando di accoglienza e di integrazione, senza rendersi conto che non ci può essere integrazione con chi non vuole integrarsi, che non ci può essere bontà con chi vuole annientarci fisicamente e soprattutto culturalmente.

Qualcuno ha detto che non c’è bestia feroce che in fondo al proprio cuore non sappia provare un poco di pietà. Vero. Ma noi siamo uomini, non bestie e le nostre azioni devono essere governate dall’intelletto e dalla ragione, non da un fantomatico istinto di pietà. Illudersi che esista un Islam buono ed uno cattivo e non l’Islam e basta, rappresenta non solo un vero e proprio insulto alla ragione, ma un insulto alle nostre radici culturali. E come potrebbe essere diversamente, se dalla Costituzione Europea si è voluto deliberatamente cancellare ogni riferimento a quelle radici che, in una parola, si chiamano Cristianesimo?

Ciò che Oriana Fallaci aveva immaginato dopo l’undici settembre si sta avverando con una velocità impressionante. Naturalmente, i soliti professionisti dell’altruismo dissero che le sue erano le farneticazioni di una pazza, di una povera donna morente che aveva perso il contatto con la realtà. Bene, non potendo ora fare una sintesi delle sue opere sull’Islam[1] mi limiterò qui a riportare alcune sue frasi, comparse sul Giornale il 26/08/2014, come invito ad una lettura più completa:

«La storia delle frittelle al marsala offre uno squarcio significativo sulla presunta integrazione con cui si cerca di far credere che esiste un Islam ben distinto dall’Islam del terrorismo. Un Islam mite, progredito, moderato, quindi pronto a capire la nostra cultura e a rispettare la nostra libertà. Virgilio infatti ha una sorellina che va alle elementari e una nonna che fa le frittelle di riso come si usa in Toscana. Cioè con un cucchiaio di marsala dentro l’impasto. Tempo addietro la sorellina se le portò a scuola, le offrì ai compagni di classe, e tra i compagni di classe c’è un bambino musulmano. Al bambino musulmano piacquero in modo particolare, così quel giorno tornò a casa strillando tutto contento: “Mamma, me le fai anche te le frittelle di riso al marsala? Le ho mangiate stamani a scuola e…”. Apriti cielo. L’indomani il padre di detto bambino si presentò alla preside col Corano in pugno. Le disse che aver offerto le frittelle col liquore a suo figlio era stato un oltraggio ad Allah, e dopo aver preteso le scuse la diffidò dal lasciar portare quell’immondo cibo a scuola. Cosa per cui Virgilio mi rammenta che negli asili non si erige più il Presepe, che nelle aule si toglie dal muro il crocifisso, che nelle mense studentesche s’è abolito il maiale. Poi si pone il fatale interrogativo: “Ma chi deve integrarsi, noi o loro?”.»

Comunque, a seguito di quanto accaduto in Germania, persino una miope signora come Lucia Annunziata ha smesso per un momento di galleggiare sopra la realtà ed ha scritto che i fatti di Colonia sono “il primo episodio di scontro di civiltà”. Mon Dieu! Allora esiste davvero! Ma lo scontro di civiltà non era una bufala inventata da una destra xenofoba e intollerante? È un primo passo. Tutt’altro, perché la “bella” signora vede solo con preoccupazione la scarsa considerazione che gli islamici hanno del sesso femminile e su tutto il resto – cioè il rischio concreto che la nostra civiltà sia cancellata come Palmira – glissa amabilmente. Avere il nemico in casa per lei è quasi un dettaglio e lo tratta quasi alla stessa stregua del marito italiano che torna a casa la sera ubriaco e riempie la moglie di botte. Certo l’accora la sorte delle donne cristiane nelle mani dell’Isis (ed è giusto che così sia), ma sembra non mostrare alcuna preoccupazione che un qualche terrorista islamico possa decidere, ad esempio, di far saltare per aria la Basilica di San Petronio a causa dell’affresco quattrocentesco che Giovanni da Modena dipinse nella cappella Bolognini e che mostra Maometto all’inferno (il paragone può sembrare forzato, ma è chiaro [o almeno dovrebbe esserlo] a tutti che se si verificasse un fatto del genere, oltre a dover contare i morti dovremmo anche fare i conti con la perdita di un comune patrimonio storico artistico e culturale).

Il problema vero, però (e l’ho già detto), è che il nemico – quello che abbiamo in casa – che vive con noi e accanto a noi, si giova del nostro rifiuto di avere un’identità nazionale, del totale oblio in cui è caduto l’orgoglio di ciò che siamo stati, dello smarrimento di un orizzonte che ci mostri ciò che potremmo essere. Il nostro paese si crogiola nel quieto vivere del trantran quotidiano; tutto ciò che gli accade attorno lo disturba ma non lo scuote: cammina sull’orlo del precipizio, fingendo di marciare in campo aperto. Magari ci si chiede per un istante se quelli che arrivano da noi sono veramente tutti profughi bisognosi, ma siamo subito pronti, per ignavia vigliaccheria e convenienza, a dare credito alle solite anime belle, ai soliti professionisti dell’altruismo e dell’accoglienza, che ci garantiscono che tutti i migranti, ma proprio tutti, sono solo dei poveri disgraziati che fuggono dagli orrori dei teatri di guerra.

Ci si chiede anche se ciò che è già accaduto negli altri paesi Europei possa accadere anche da noi, se anche in Italia ci saranno attentati. Bene, a questo risponderò – ancora una volta – con le parole di Oriana Fallaci:

«La strage toccherà davvero anche a noi, la prossima volta toccherà davvero a noi? Oh, sì. Non ne ho il minimo dubbio. Non l’ho mai avuto. E aggiungo: non ci hanno ancora attaccato in quanto avevano bisogno della landing‑zone, della testa di ponte, del comodo avamposto che si chiama Italia. Comodo geograficamente perché è il più vicino al Medio Oriente e all’Africa cioè ai Paesi che forniscono il grosso della truppa. Comodo strategicamente perché a quella truppa offriamo buonismo e collaborazionismo, coglioneria e viltà. Ma presto si scateneranno. Molti italiani non ci credono ancora. Si comportano come i bambini per cui la parola Morte non ha alcun significato. O come gli scriteriati cui la morte sembra una disgrazia che riguarda gli altri e basta. Nel caso peggiore, una disgrazia che li colpirà per ultimi. Peggio: credono che per scansarla basti fare i furbi cioè leccarle i piedi.[2]»

Meditate, gente, meditate!


 

[1] La Rabbia e l’Orgoglio (2001), La Forza della Ragione (2004), Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse (2004), editi da Rizzoli.

[2] Ache la presente citazione è comparsa sul Giornale il 26/08/2014.

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