Il carattere profondamente erotico dell’opera del Tasso, evidente al lettore che vi si accosti con l’animo sgombro da pregiudizi, risulta inquietante, forse proprio per quella palpitante sincerità che, trascendendo la pacata armonia delle forme retoriche, ci consegna intatto il turbamento di un animo lacerato da due forti passioni, eros e religione, tra le quali la cultura dell’epoca, che il poeta ha interiorizzato, pone un contrasto insanabile.
L’erotismo, che nell’Aminta non è ancora inquinato dallo spirito della Controriforma, si intreccia, nella Gerusalemme Liberata con un sentire cristiano. L’ispirazione sacra e quella profana si incontrano e si affiancano, mantenendo intatta la loro sostanziale ambivalenza e rifiutano di comporsi nel rassicurante stereotipo di un erotismo conciliato e pienamente sottomesso alle leggi della religione. La duplicità di un sentimento religioso che trova nell’erotismo il suo doppio, dona una dolorosa vitalità all’opera del poeta ed è il segno della sua modernità.
Lo stesso poeta tuttavia fu il primo a negare, relegandolo al ruolo di puro artificio, utilizzato per superiori fini pedagogici, il carattere erotico della propria poesia religiosa. Egli ne intuì forse la tremenda potenzialità disgregatrice all’interno di un contesto storico che, sviluppandosi nel dogma rigido dell’Uno, escludeva il molteplice. Il Tasso, pur ribadendo il carattere effimero e secondario della tematica erotica all’interno del poema, che si presentava come ostensione del vero religioso, non volle rinunciarvi del tutto e, in più occasioni, ne difese la necessità e ne proclamò l’innocenza.
Solo la stanchezza e la vecchiaia portarono il poeta a rinnegare, nella Gerusalemme Conquistata, il suo stesso credo giovanile.
Nel corso del seguente lavoro si cercherà, seguendo suggestioni della letteratura più recente, di mettere in luce alcuni temi erotici della poesia del Tasso, senza tuttavia alcuna pretesa di esaurire una tematica, che appare vastissima e che è stata esplorata solo parzialmente.
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