La Germania è un’operetta monografica in 46 capitoli, composta nel 98 d.C., ed ha carattere geografico ed etnografico. In essa vengono descritte l’origine e le sedi in cui sono stanziati i popoli dell’Europa centrale, dal Reno al Danubio, al mare del Nord fino al Baltico. L’opera consta di due parti: i capp.1-27 hanno per argomento gli usi e costumi dei Germani, i capp.28-46 descrivono invece i gruppi etnici più importanti come gli Elvezi, gli Ubi, i Boi ed altri. Per quanto riguarda le fonti, esse sono soprattutto Plinio il Vecchio, autore di un’opera dal titolo Bella Germanica, Cesare con i suoi excursus etnografici, e Livio, ma quasi certamente Tacito avrà assunto anche notizie di prima mano quando, come sembra, soggiornò in quelle regioni per un quadriennio (89-93 d.C.).
Il motivo ispiratore dell’opera è chiaro: Tacito, dopo la morte del tiranno Domiziano, intende analizzare le cause della decadenza dei costumi romani, e perciò si serve dei Germani, un popolo assai diverso, che oltretutto incuteva timore per la sua forza ancora incontaminata da ciò che comunemente si chiama “civiltà” e invece altro non è per Tacito che fiacchezza d’animo e corruzione, per procedere ad un esame comparativo fra i costumi corrotti dei Romani e quelli barbarici ma schietti di queste popolazioni. L’opera dunque si può interpretare come un invito rivolto ai Romani affinché si guardino dentro e ritornino alla sanità degli antichi costumi prima di essere travolti da altri popoli più “virtuosi”. Pertanto lo schema della monografia è tutto basato sul confronto implicito tra Roma ed i “barbari”: da un lato vi è la corruzione, la decadenza morale, i vizi, dall’altro un tenore di vita semplice e genuino, un amore ostinato per la libertà. Insomma c’è in Tacito una specie di ammirazione per quelle genti sane e forti e fierissime della loro indipendenza, che si serbano immuni dalla corruzione, in cui il lusso e la ricchezza avevano precipitato i Romani.
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