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Marco M. G. Michelini | 7 Ottobre 2010
 

[1] Fac ita, Lucili mi: vindica te tibi, et college et serva tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur aut excidebat. Persuade tibi hoc esse ut scribo: quaendam tempora nobis eriumpiuntur, quaendam subducnuntur, quaendam effluunt. Tamen turpissimam iactura est quae fit per neglegentiam. Et si volueris adtenere, magna pars vitae elabitur agentibus male, maxima agentibus nihil, tota vita agentibus aliud.

 

[2] Dabis mihi quem qui ponat aliquod pretium tempori, qui aestimet diem, qui intellegat se mori cotidie? Enim fallimur in hoc, quod prospicimus mortem: iam praeterit magna pars eius; quidquid aetatis est retro tenet mors. Ergo fac, Lucili mi, quod scribis te facere, complectere omnes horas; sic fiet ut pendeas minus ex crastino, si inieceris manum hodierno. Dum differitur vita trascurrit.

 

[3] Omnia, Lucilii, sunt aliena, tempus est tantum nostrum; natura misit nos in possessionem huius unius rei fugacis ac lubricae, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta est stultitia mortalium ut patiantur imputari sibi cum impetravertere, quae sunt minima et vilissima, certe reparabilia, nemo qui accepit tempus se iudicet quicquam debere, cum interim hoc unus quod ne gratus quidem potest reddere.

 

[4] Fortasse interrogabis quid faciam ego qui tibi praecipio ista. Fatebor ingenue: evenit quod apud luxuriosum sed diligentem, ratio impensae mihi constant. Non possum dicere perdere nihil, sed dicam quid perdam et quaere et quemadmodum; reddam causas pauperitatis meae. Sed mihi evenit quod plerisque redactis ad inopiam non suo vitio: omnes ignoscunt, nemo succurrit.

 

[5] Quid ergo est? Non puto pauperem cui est sat quantulumcumque superest; tu tamen malo serves tua, et incipiens bono tempore. Nam ut visum est nostris maioribus, «in fundo est sera parsimonia»; in imo enim non remanent tantum minimum sed pessimum. Vale.

 

  

 

 

Lucilio mio, comportati in tal modo: rivendica a te stesso i tuoi diritti, e trattieni e custodisci il tempo che fino ad ora ti veniva tolto, o rubato, o ti sfuggiva di mano. Convinciti che le cose sono così come ti scrivo: parte del tempo ci viene strappata, parte ci viene sottratta furtivamente, e parte va dispersa senza che ce ne rendiamo conto. Tuttavia, la perdita più vergognosa è quella che si compie per nostra negligenza. E se vorrai bene osservare, ti renderai conto che buona parte del tempo la perdiamo a fare del male, la maggior parte nel non fare nulla, e tutta la vita si disperde nel fare altre cose estranee al senso della vita stesso.

 

Puoi trovarmi uno che attribuisca un qualsiasi prezzo al tempo, che tenga in pregio il giorno, che comprenda che si muore un poco per volta, quotidianamente? Noi ci inganniamo in questo, poiché vediamo davanti a noi la morte: invece l’abbiamo già in gran parte oltrepassata; e ciò che della vita è dietro di noi appartiene alla morte. Quindi, Lucilio mio, fa ciò che mi scrivi stai facendo: tieni stretta ogni ora; potrai dipendere meno dal domani, se diventerai padrone dell’oggi. Mentre rimandi, la vita se ne va.

 

Nessuna cosa al mondo, Lucilio, ci appartiene veramente: soltanto il tempo è nostro; la natura ci ha dato il possesso di questa sola cosa passeggera e che scivola via, dalla quale esclude chi vuole esserne escluso. E tanta è la stupidità dei mortali che accettano vengano messe loro in conto cose insignificanti e di nessun valore, certamente recuperabili; ma nessuno che riceve il tempo ritiene di dovere qualcosa, mentre questo è proprio l’unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire.

 

Forse ti chiederai come mi comporti io, che ti consiglio queste cose. Te lo dirò francamente: mi comporto come una persona amante del lusso ma ordinata: il registro delle mie spese è in ordine. Non posso dire di non perdere nulla, ma saprò dire che cosa perdo e perché e in che modo; renderò conto della mia povertà. Però mi avviene ciò che accade alla maggior parte degli uomini che si sono ridotti in miseria senza averne colpa: tutti li comprendono, nessuno li soccorre.

 

 

Qual’è la conclusione? Non ritengo povero colui cui è sufficiente quel poco che gli rimane; tuttavia, preferisco tu abbia cura dei tuoi beni, e tu comincerai a farlo per tempo. Infatti, come pensavano i nostri antenati «una volta che si è giunti al fondo, non vale la pena di economizzare»; sul fondo non rimane soltanto il meno, ma anche il peggio. Stammi bene.

 

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